Infine, il processo di trasformazione alla quale è soggetta una fantasia che si lascia trasportare dall’istantaneità di uno sguardo interiore, che non si arresta e non si può arrestare, è al centro dell’elaborazione video-grafica di Marica Moro, al cui centro si trova un’altra immagine di fanciulla, possibile proiezione di un io che riaffiora dalle pieghe della memoria e del fare manuale, dove l’immagine di un vestito rosso, le forme variabili del mare, il crescere accelerato di piante, sono associate a un oggetto ritrovato, “madeleine” dalla quale provengono associazioni visive, più che veri e propri ricordi. Natura e fantasia, riconoscimento dell’io e proiezioni in altre figure e personaggi, si rincorrono in un gioco di continua trasformazione dell’immagine e della situazione, sottolineata dai commenti musicali inseriti da Mauro Lupone. Dalla sequenza di immagini evocate, alcune sono state “liberate” dall’effimero trascorrere temporale per essere “imprigionate” in bolle, metaforicamente destinate a un altro genere di esistenza “effimera”.
Anche Marica Moro, che ha per prima pensato a questa mostra, impegnandosi fattivamente per realizzarla, giunge a queste relazioni fra il mondo dell’infanzia e quello adulto attraverso un operare sull’immagine che caratterizza da tempo il suo agire, con l’intenzione di recuperare in vario modo quel dato pittorico che mai vuole tralasciare, pur integrandolo progressivamente in realizzazioni e installazioni dove pittura e trasformazioni meccaniche o mediatiche delle immagini si sovrappongono.
Da “Come bolle di sapone” di Francesco Tedeschi ( Rotonda della Besana, Comune di Milano, aprile 2006)