La tenerezza di un fiore che lascia cadere i petali al soffio del vento, le lacrime asciutte di un sentimento che si spezza.
Nontiscordardimè è l’urlo nella solitudine di un’anima, è la dichiarazione silenziosa della forza dei sentimenti. Una dimensione che gli uomini tengono nascosta nel loro intimo e le donne , dalla tragedia greca in poi, hanno sempre manifestato nella più completa libertà.
Per questo il corpo è il mezzo con cui meglio Marica Moro esprime il desiderio, il rapporto con il mondo, la dimensione emozionale e affettiva.
La pelle, in Marica Moro, è la dimensione limite, il confine tra sé e il resto. La pelle avvolge il corpo e viene “distesa” sulla superficie lucida delle sue immagini fotografiche lasciando affiorare quei segni del tempo che si ritrovano anche nelle forme della natura, dai cerchi dei tronchi alle pieghe delle foglie. L’artista accosta infatti particolari del corpo umano- dita o piede- a forme bortaniche alludendo alla partecipazione panica dell’essere umano al ciclo vitale della natura. Ed è la dionna, ,in primis, a vivere biologicamente , sulla propria pelle, l’inesorabilità e la continuità temporale di questa ciclicità.
Elena Di Raddo
Per la mostra “Nontiscordardimè”, Centro Berttolt Brecht, Milano, 2002.