Tutto si svolge attorno all’acqua, che con la sua fluidità invade e avvolge le forme, si insinua tra i vasi ricolmi, lascia trasparire forme organiche vegetali e umane. Le tele dipinte da Marica Moro e le sculture create per la mostra Water in genesis raccontano le tracce di una vita nel suo formarsi, crescere e morire mettendo al centro, appunto, l’elemento che alla vita è più indispensabile.
in questa mostra, in cui è racchiuso il senso della nascita e della crescita, è riassunta la ricerca da diversi anni condotta dall’artista, che ha sempre cercato di unire nel suo lavoro il valore formale dell’immagine a un contenuto filosofico.
In tutti i suoi lavori la ricerca artistica di Marica Moro ha voluto indagare nel profondo il senso della vita, a partire dalla sua origine, sviluppando in un linguaggio semplice e immediato, preso a prestito talvolta dall’immaginario infantile, l’idea di creatura e di creazione, unendo la biologia al racconto poetico. L’essere umano è concepito in tutto il suo lavoro quale parte integrante dell’universo e soprattutto della natura. Fulcro della mostra è un essere vivente, umano-vegetale, che è idealmente cresciuto all’interno di un vaso colmo d’acqua e che svetta dal bordo nella sua libertà gestuale. Questa forma, che da vegetale si sta trasformando, allude chiaramente all’uomo, ma nello stesso tempo, nella sua sinteticità, fa riferimento a un concetto più astratto di vita. è segno simbolico del ciclo biologico della vita, del suo generarsi e rigenerarsi. La sua presenza, armonica e gioiosa, sembra galleggiare nelle composizioni di carta su una superficie fluida in continuo movimento. nelle sculture, invece svetta gioioso oltre il bordo del vaso, da cui idealmente è germogliato.
Convergono in questi lavori i diversi significati che l’acqua ha assunto nei secoli, e nei miti della creazione, ma soprattutto il valore primordiale e originario dell’esistere. L’acqua ha sempre rappresentato, tra gli elementi originari individuati dagli antichi (terra, acqua e fuoco), quello da cui ha origine ogni principio vitale: dall’origine della vita sul pianeta, al liquido amniotico in cui cresce il seme dell’uomo. Le acque sono al principio e tornano alla fine di ogni ciclo storico o cosmico; esse sono germinative e racchiudono nella loro unità indivisa le virtualità di tutte le forme. il passaggio dall’informe elemento acquatico alla terraferma è del resto descritto nei miti come l’atto più importante della trasformazione del caos in cosmo.
Nel racconto della genesi “lo spirito di Dio aleggia sulle acque” ed è attraverso le acque del diluvio universale che il mondo conosce una nuova rinascita; nella tradizione induista, troviamo l’immagine del Brahamanda, un uovo galleggiante sulle acque primordiali, generatore del mondo. anche nella mitologia sumera è presente la figura dell’abisso acquatico primordiale, apsu, mentre in quella indiana si parla della generazione delle acque primordiali da parte della notte o del caos. Per i greci, inoltre, la divinità marina Proteo è l’elemento acqueo della genesi, e, poiché l’acqua non ha forma, eccelle nei cambiamenti e nelle metamorfosi; qui l’acqua è pura potenzialità, capace di sconfinare nel tutto. nella cosmogonia, nel mito, nel rituale religioso, nell’iconografia, le acque svolgono la stessa funzione. Basti pensare al ruolo che l’acqua assume nel rito del battesimo quale elemento attraverso il quale si passa alla rigenerazione totale, alla nuova nascita. Un concetto che Klimt ha mirabilmente descritto al termine del suo fregio dedicato a Beethoven immaginando l’intenso abbraccio delle due figure rappresentanti l’eroe e la Poesia con i piedi immersi in una sorgente d’acqua trasparente.
Nel pensiero del Novecento, infine, l’acqua ha assunto un significato particolare anche in rapporto all’inconscio dal momento che nei sogni e nelle fantasie il mare, o una qualsiasi vasta distesa d’acqua, si associa alla dimensione materna dell’inconscio stesso, che per Jung può essere considerato Madre o matrice della coscienza ed emblema della nuova nascita:
l’immersione fertilizza e aumenta il potenziale di vita e di creazione. tali aspetti sono tradotti nel lavoro di Marica Moro attraverso un linguaggio immediato e diretto e attraverso tecniche che hanno in sè la potenzialità stessa del senso della generazione. se il disegno infatti – base per la creazione di ogni immagine – costituisce l’aspetto principale dei lavori pittorici su tela, l’uso della resina per la scultura è da diverso tempo una costante nelle sue opere. La resina è un materiale che appunto durante la lavorazione dallo stato liquido passa a quello solido e si presta ad interpretare quindi molto bene proprio quel passare dall’acqua alla forma descritto nei miti e nei riti antichi.
Il risultato della solidificazione sono figure non plasmate nella materia, ma solidificate nel disegno immaginato dall’artista: idealmente quindi un trasferimento senza mediazione dall’immaginario alla realtà dell’essere. La sfuggevolezza della forma creata, che non è mai completamente descrittiva, coinvolge inoltre la capacità di riconoscimento dell’osservatore: ciò che viene generato dal vaso ricolmo d’acqua è una forma vitale. Che si tratti di un uomo o di una pianta non fa alcuna differenza: ciò che importa è che sia vita.
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